

Uno strumento rivoluzionario che consentiva ai medici di vedere all'interno del corpo umano e che se fosse stato presente qualche decennio prima avrebbe evitato a Garibaldi ferito al malleolo ad Aspromonte un lungo calvario. Nessuno degli illustri chirurghi italiani e stranieri chiamati a consulto nella fortezza del Varignano era riuscito ad individuare il proiettile; solo alcuni mesi dopo Augusto Nelaton con un sondino con la punta di ceramica che cambiava colore a contatto di un metallo, riusciva ad estrarlo. Ma anche il campo artistico si gioverà di questo straordinario mezzo diagnostico: l'occasione si presenterà nel 1897, c'è un dipinto che alcuni critici attribuiscono ad Albrect Durer, altri lo negano. Sarà un allievo di Roentgen, Walter Konig, a risolvere il caso, con un radiogramma dimostra che nella pittura sottostante sono ben visibili e in carattere gotico le iniziali del pittore e la data 1521.


Ma i raggi X non solo ci consentono di ottenere preziose informazioni sugli oggetti d'arte ma possono loro stessi essere uno strumento per crearla. Me ne resi personalmente conto nel 2004 al Congresso Europeo di Radiologia a Vienna, dove tra i saloni espositivi con le apparecchiature di ultima generazione c'era una sala interamente dedicata a lavori artistici ottenuti attraverso l'impiego dei raggi X. La stessa sera a Grinzing a cena con Roberto Passariello, Maestro nella Radiologia, conobbi anche l'Autrice di queste opere, Benedetta Bonichi, giovane ed affermata pittrice, che aveva voluto estendere la sua sensibilità artistica con questi originali lavori. A questo proposito tra i tanti giudizi della critica mi piace riportare quella di Marco Bussagli: “...la radiografia permette di vedere la struttura delle persone e l'effetto che la Bonichi ottiene è di grande suggestione perchè sembra che ci si trovi dinanzi a un reperto archeologico analizzato in laboratorio, sospeso tra la vita e la morte...”

Per chi vuole conoscerne le opere rimandiamo al sito dell'artista Nel 1935 G. Persing affermava: “l'aspetto radiologico della pennellata equivale a quello delle impronte digitali nell'identificazione dell'essere umano.” Mentre un valente radiologo e appassionato d'arte Ludovico Mucchi scrive un testo di grande interesse in cui è riportata una robusta casistica di quadri sottoposti ai raggi X, il titolo del libro è suggestivo: “Nella profondità dei dipinti”. Ovviamente gli apparecchi a raggi X impiegati nel settore artistico hanno accorgimenti speciali e seguono tecniche diverse da quelle impiegate nella diagnostica medica. E a questo proposito non posso non citare la figura dell'ingegner Arturo Gilardoni.

Il supporto è in genere di legno o di tela, anche se può essere di vetro, cartone, rame etc. Se di legno attraverso le radiografie potremo conoscerne il tipo, un elemento importante, perchè in Francia, Germania, Belgio e Paesi Bassi utilizzavano quelli di quercia, pino, abete e tiglio, mentre in Italia pioppo noce e castagno. Se si tratta di tela potremo sapere se lavorata a mano o a macchina (quest'ultima inizierà alla fine del 1700 in Inghilterra) oppure spigata (tipica delXVI e XVII secolo) o damascata (XVIII secolo). L'imprimitura è fatta con colla di coniglio e gesso e spalmata a mano sul supporto, su di esso con la matita, carboncino, inchiostro o altri strumenti come la pennellessa si l'abbozzano le figure e lo sfondo del quadro.
Un altro importante elemento valutativo è quello del craquelè ovvero le fissurazioni determinate dal tempo e che consentono di ottenere informazioni sullo stato del dipinto, dei restauri subiti e sull'autenticità. Infine l'indagine radiografica sulla pittura, è assai importante perchè consente di capire la composizione dei colori i cui componenti hanno diverso peso atomico (il bianco contenendo piombo è radiopaco, mentre il nero di origine organica e più trasparente), il tipo di impasto, la pennellata, i pentimenti d'artista.
Ed ora presenterò alcuni 'casi clinici' che esemplificano il lavoro del radiologo-artista. Il primo riguarda un famoso dipinto esposto nella Chiesa di San Luigi dei francesi a Roma, si tratta del “Martirio di San Matteo” del Caravaggio. Nella stesura definitiva i personaggi sono delineati su uno sfondo uniformemente scuro e poco dietro il carnefice del Santo si vede il volto di Caravaggio. Ben diverso invece è lo sfondo del dipinto sottostante che mostra all'esame radiografico una ricca struttura architettonica, un soldato accanto al carnefice; manca l'autoritratto.



Ma non ho ancora parlato dei falsi una delle indagini più complesse e delicate anche per l'aspetto economico e cariche di suspense e per farlo racconterò di un caso giudiziario svoltosi in Olanda nel 1945, l'imputato era il pittore Hans Van Meegeren, abilissimo nell'imitare la pittura dei grandi maestri. Comprava dai rigattieri quadri di scarso valore del XVII ° secolo, utilizzava i pigmenti dei colori del tempo, riusciva ad imitare le spaccature a partire dallo strato base, e per far seccare la pittura in modo che sembrasse antica utilizzava al posto degli olii essenziali (olio di lillà o essenza di lavanda) la bachelite.
Durante l'ultima guerra quando l'Olanda era occupata dai tedeschi era riuscito tramite amicizie con importanti commercianti d'arte a far acquistare ad un Museo di Amsterdam dei suoi quadri che grazie alla sua grande perizia voleva far passare per dipinti di Jan Vermeer (1632-1675 )ancora non noti. Di uno di questi quadri raffigurante “Cristo e l'adultera” vennero a conoscenza i tedeschi e, come è noto, alcuni gerarchi nazisti erano collezionisti di opere d'arte tra questi il maresciallo Hermann Goring, per cui si intavolarono delle trattative riservate per l'acquisizione del quadro tra il governo olandese e gli emissari tedeschi.

L'affare fu concluso in questo modo: i tedeschi restituirono 200 dipinti sottratti al momento dell'invasione(( e quindi un pagamento in natura ), il governo olandese pagò a due intermediari 1.650.000 fiorini, questi ultimi versarono metà della somma a Van Meegeren. Per la cronaca Goring che aveva agito per conto del Reich dirottò il dipinto nella sua collezione personale che teneva ad Alt Aussee in Austria. Finito il conflitto mondiale venne scoperto il tesoro di Goring, tra cui il “ Cristo e l'adultera” e ci si chiese in quale modo e chi avesse venduto il dipinto. Forse dei collaborazionisti? Dagli archivi vennero fuori i nomi dei commercianti d'arte e anche quello del nostro Van Meegeren ma nessuno sospettava che fosse un falso.
Alla fine del maggio del 1945 due Ufficiali si presentarono a casa di Van Meegeren chiedendogli notizie sulle trattative; avendo opposto un rifiuto alle domande, fu arrestato con l'imputazione di intelligenza con il nemico. Per difendersi da una così grave accusa decise di confessare la verità: il quadro era opera sua. Per dimostrarlo collaborò con gli esperti nominati dal Tribunale disse loro che sotto il dipinto c'era una scena di caccia che venne confermata con l'esame radiologico, aiutò i periti chimici suggerendo di cercare delle sostanze che aveva utilizzate e che mai nessuno avrebbe pensato di cercare, come la presenza di bachelite, e anche i periti dovettero ammettere che aveva ragione. Tra l'altro prima del processo gli era stato consentito di dipingere un'opera di Vermeer, “Cristo fra i dottori”, che gli era riuscita benissimo.

