Sabbia e Schiuma - GIBRAN 1
1. Le origini e simbologia
La parola Mandala deriva dalla lingua indiana sanscrita (मण्डल) e significa “cerchio”. Non esiste al mondo un altro disegno simbolico così universale come il Mandala; diffuso in ogni cultura e in tempi diversi, riconduce l’uomo al Creatore, al Divino: Greci, Egizi, indiani Navaho, monaci buddisti tibetani (dal Tibet lamaistico, all’induismo tantrico, al buddhismo Vajrayana tibetano) hanno costruito Mandala come tramite sacro, come mezzo di comunicazione, di insegnamento, di meditazione e d’integrazione dell’uomo alla natura. I mandala compaiono in tutte le religioni perché da sempre il cerchio è simbolo di Dio e dell’infinito. Nella mitologia egizia il cerchio è il simbolo del cosmo, mentre nelle tradizioni asiatiche, africane o europee è l’espressione della creazione. Simbolicamente il cerchio è collegato all’infinito, a qualcosa che esisterà per sempre e ha una funzione di contenimento, rigenerazione e di rassicurazione. La rappresentazione mandalica ha una cornice circolare con o senza lettere sanscrite, comprende figure, luoghi, oggetti simbolici complessi e rappresenta, attraverso la sua composizione, l’universo psichico e fisico. Vengono chiamati Mandala non solo le figure circolari ma anche le forme concentriche come quadrati e triangoli; troviamo comunemente quadrati inscritti nel cerchio o viceversa, triangoli, poligoni regolari, spirali, figure ellittiche che ne completano il valore simbolico. L’importante è che rimangano presenti le caratteristiche principali: un centro dal quale l’energia viene emanata e una proiezione nello spazio-tempo. Nelle tradizioni dei vari popoli, i mandala potevano essere usati nelle cerimonie di propiziazione delle forze della natura, per l’agricoltura per la caccia o avere valore curativo. Il più antico Mandala fino ad oggi conosciuto è una “ruota solare” paleolitica scoperta nell’Africa del sud.
Non vi è al mondo un altro disegno simbolico così universale come il mandala; compare in tempi diversi e in ogni cultura visto che il più antico Mandala sin qui conosciuto è una ruota solare paleolitica scoperta nell'Africa del Sud.
Oltre ad essere disegnati, i Mandala vengono anche “vissuti”, alcuni esempi possiamo ritrovarli in India con la danza del Mandala e tra gli indiani Navajo nelle pratiche di guarigione, in cui la loro costruzione equivale a una magica ricreazione del mondo e del cosmo in miniatura. Tra queste tribù la creazione del mandala è accompagnata da salmi, o vie, del cantore navajo esso è uno sciamano che conosce i canti e specifiche cure mediche che vengono tramandate oralmente.
L’approccio terapeutico in atto da più di 10.000 anni combina la spiritualità, l’erboristeria e la magia. La persona malata è posta al centro di un cerchio disegnato sul terreno, e il processo di guarigione è strettamente legato alla sua visione raffigurata della pittura di sabbia ed a particolari tecniche di respirazione, che aiutano il malato ad entrare in risonanza con il flusso dell’armonia. La costruzione di un cerchio sacro di sabbia, rappresenta la dimensione della persona ammalata per riportare nel suo corpo, nella sua mente e nel suo spirito l’equilibrio che è venuto a mancare.
Sono molti i simboli e i disegni che possiamo trovare nei mandala dei Nativi d’America, alcuni servono a rappresentare il dio supremo che non viene raffigurato con forme umane, ma con elementi presi dal mondo della natura, ed è frequente ritrovare la figura di uccelli come le aquile. Accanto ai simboli grafici gli indiani usano molti oggetti che accompagnano i passaggi della vita di una persona. Questi oggetti hanno forma e struttura tipica di un mandala, noto è l’acchiappasogni.
Rientrano nella simbologia dei mandala anche gli antichi intrecci dei nodi celtici. La cultura celtica suscita molto fascino e oggi spesso vengono riproposti i loro intrecci nella lavorazione dei gioielli. Gli intrecci possibili sono molteplici e seguire, con lo sguardo o con le dita, la loro struttura aiuta a raggiungere uno stato differente di coscienza. Il disegno dei nodi celtici nasce dalla suddivisione di poligoni regolari così da formare delle figure che ricordano appunto dei nodi. Lo studioso, Romilly Allen, “[..] ha dimostrato l’esistenza di otto tipi di intrecci, ognuno con un ritmo diverso, come una serie di movimenti musicali che tendono all’infinito, poiché, quando si chiudono in un cerchio o in un nodo, è impossibile trovarne l’inizio o la fine.” La combinazione delle figure geometriche e dei nodi dà vita a molteplici tipologie di mandala celtici. Un esempio è il nodo di Tyrone, così chiamato perché inciso in una croce celtica in Irlanda vicino a Tyrone. Il suo significato riguarda la vita di una persona e il suo rapporto con l’amato. Inoltre racchiude in sé anche la simbologia del trifoglio che rappresenta la terra, l’acqua e l’aria. In generale la raffigurazione di un nodo celtico in un mandala indica il superamento di un conflitto o di una situazione problematica.
Un’altra importante tipologia di mandala, che deriva dalle raffigurazioni celtiche, è il labirinto; presso i celti esso ha assunto anche un aspetto decorativo ornamentale, ma, come afferma Alignani 3, mantiene anche la caratteristica di favorire la meditazione. Il labirinto celtico propone un’unica strada per arrivare al centro, rappresenta “un viaggio ideale nel ventre della Dea Madre” 4 e la rinascita che avviene una volta usciti dal labirinto. Percorrere un labirinto significa arrivare al centro, ma anche ripartire ricominciando dal centro. Il legame dei mandala con la figura femminile è quindi antichissimo. È l’immagine archetipica di Madre Natura che si trova dentro ognuno di noi, è il potenziale creativo, generante e materno di ogni individuo. Ripercorrere un labirinto che porta in sé questa dimensione può aiutare a mettere in contatto sé stessi con il proprio femminile, dimenticato o nascosto.
Nei tempi passati, gli sciamani curavano dalle malattie utilizzando proprio il mandala. Lo sciamano tracciava un cerchio nella sabbia e poi, con l’aiuto di alcuni assistenti, tracciava simboli e figure utilizzando argille di diverso colore. In alcuni casi l’operazione durava anche qualche giorno. Il momento più importante della cerimonia si aveva quando si faceva sedere il malato nel centro del cerchio, lo sciamano prelevava un pugno di sabbia dal cerchio e lo strofinava sul capo del paziente, specialmente nella zona interessata dal male, accompagnando il rituale con canzoni e formule magiche, per attirare l’attenzione degli spiriti benigni. Al termine del rito il paziente distruggeva il mandala con il suo corpo; il male veniva allontanato e in molti casi la malattia era immediatamente debellata. La distruzione del mandala era il culmine dell’evento del transfert uomo-figura: il male passava al mandala e tramite il mandala veniva annullato.
Questi disegni appaiano anche nell’architettura, le città antiche si sviluppano secondo il cerchio e il quadrato, Plutarco parla della fondazione di Roma come di un cerchio tracciato da un aratro attorno a un punto e nello stesso tempo Roma è “urbs quadrata”. La città è un quadrato iscritto o circoscritto in un cerchio, così è anche la città etrusca, che nasce attorno a un pozzo (mundus). Possiamo riconoscere delle figure mandaliche anche in antiche costruzioni, come ad esempio: in Mesopotamia lo ziggurat 5, o nella cultura egizia le piramidi, anch’esse con pianta quadrata sormontate da triangoli che puntano verso il cielo. Nella cultura cristiana i mandala sono presenti nei rosoni delle chiese (specie in quelle gotiche) ove rappresentano l’aspirazione alla totalità e all’ordine interiore con cui, contemplandoli, il fedele entra in contatto. I rosoni diffondono e raccolgono la luce in modo tale che a volte, entrando in una cattedrale, si ha l’impressione di essere entrati all’interno di un grande mandala. Un esempio recente è “La Sagrada Famillia” a Barcellona che, pur non essendo una cattedrale gotica, ha in sé un forte legame con la natura e la sua ciclicità come ricerca di un centro spirituale dell’uomo; entrando al suo interno, si ha la sensazione di entrare in un “cerchio sacro”.
La figura circolare è presente, in diverse espressioni, in tutta la costruzione e la luminosità presente all’interno, la grandiosità degli spazi fa percepire il fedele come rimpicciolito rispetto alle normali dimensioni, come se stesse camminando dentro la propria spiritualità.
Nel medioevo cristiano sono stati inseriti magnifici Mandala nelle finestre di vetro e nei rosoni delle chiese e cattedrali, nonché nei mosaici del pavimento, il più famoso è il Rosone del labirinto della guarigione sul pavimento della cattedrale di Chartres in Francia (1200 d.C circa). Questo labirinto veniva percorso a piedi, od anche in ginocchio, al fine di ottenere delle indulgenze e rappresentava simbolicamente il viaggio verso la Città Santa di Gerusalemme.
Il Mandala, quale conoscenza dell’uomo nella sua universalità, è apparso continuamente nelle costruzioni rituali e nelle forme d’arte come rappresentazione simbolica della proiezione geometrica del mondo. I mandala più noti sono di origine tibetana, ed è qui che hanno una connotazione profondamente spirituale. Il discepolo deve abbandonarsi con fiducia e costanza all’insegnamento del monaco a cui viene affidato e il mezzo per raggiungere la libertà dalle sofferenze del mondo è la meditazione, stimolata da pensieri sublimi e da immagini , queste immagini sono appunto i mandala. Realizzare tali figure è pertanto un rito che richiede moltissime ore, giorni, molta cura e concentrazione.
Secondo i buddisti il mandala rappresenta un tempio immaginario che racchiude in sé la nascita del cosmo; attraverso la sua contemplazione e l’interiorizzazione dell’immagine il discepolo può raggiungere uno stato mentale in cui può sperimentare la libertà dai vincoli materiali e orientare le proprie azioni al bene. Esistono moltissimi tipi di mandala tibetani, ognuno dei quali ha una specifica funzione, ogni mandala infatti ha suoi rituali, preghiere e mantra. Nel Buddhismo mahayana il mandala è un quadrato dentro un cerchio che contiene altri cerchi; ai lati ci sono 4 T, come porte a in corrispondenza dei punti cardinali. Il monaco buddista ha di fronte la sua anima come proiezione del mondo, il centro del mandala è da una parte il suo Sé, da cui sorge il monte Sumeru o Meru, centro sacro del mondo e del cuore. Il quadrato è il tempio o la casa, le pareti sono di pietre preziose e attorno il muro è di diamante. Ogni gemma ha il suo simbolismo sacro. Al centro c’è il fiore di loto a 8 foglie, aperto come una rosa dei venti; sul fiore il monaco vede se stesso in forma di Mahasuka (una delle apparizioni di Shiva) che abbraccia la controparte femminile. Il monaco è dunque l’intero tempio, con 4 teste e 8 braccia. Meditando su questa immagine egli diviene cosciente della propria essenza e si identifica col mondo. Lo psicogramma si fa cosmogramma. Le 4 teste sono i 4 elementi (aria, acqua, terra e fuoco) e i 4 sentimenti infiniti che nascono in lui per giungere al Nirvana, o stato di identificazione col tutto; dalla testa di Mahasuka partono 4 raggi (azzurro, verde, rosso e giallo), la pietà universale del fedele parte dal suo cuore verso i 4 punti cardinali e ricostituisce l’universo.
Per comprendere a fondo il suo significato non si può prescindere dal vederlo formarsi sotto le abili mani dei monaci buddisti che lo creano con sabbie colorate: tramite cannucce dorate fanno cadere, negli appositi spazi precedentemente disegnati, i vari colori che comporranno l’immagine finale. La sabbia colorata scende grazie al perfetto, ripetitivo movimento della mano del monaco, che fa vibrare la cannuccia conica causando la fuoriuscita della sabbia. Le cannucce sono di diverse dimensioni, per fare segni più o meno sottili, proprio come i pennelli di un pittore o i pennini di un calligrafo. Per completare un Mandala di sabbia possono volerci giorni interi, durante i quali l’ipnotico rumore dello sfregamento sulle cannucce accompagna una sorta di meditazione cui tutti possono assistere. Inevitabilmente, qualunque sia la preziosità e la grandezza del lavoro e il tempo che c’è voluto per realizzarlo, il Mandala sarà distrutto con una cerimonia finale, le sabbie saranno tutte rimescolate e gettate in un corso d’acqua.
Con gesti rapidi e decisi si compie l'inevitabile. La sabbia viene raccolta al centro e riposta con riverenza in un contenitore che poi, al suono degli strumenti sacri e dei canti rituali, viene portato ad un corso d'acqua e disperso, in maniera tale che diffonda la benedizione ovunque. Alla fine rimane solo la superficie col disegno di base e qualche velo di sabbia e, al centro, una camelia solitaria.
In Oriente il Mandala è una figura fissa per tradizione, disegnata, dipinta o raffigurata secondo coreografie rituali. Nel lamaismo e nello yoga tantrico il Mandala è considerato un immagine mentale, che sorge da sola nella mente di un lama evoluto, e viene usata come circolo rituale-magico o strumento di contemplazione che permette di crescere interiormente. L’equivalente del Mandala in India è lo Yantra, più schematico, usa figure geometriche e lettere in sanscrito, mentre sono assenti rappresentazioni di luoghi o persone come invece può avvenire nel Mandala. Nella realizzazione di uno Yantra partecipa anche il proprio corpo utilizzando posture yoga che promuovono la meditazione.
2. Buddismo e psicanalisi
Il rito del Mandala costituisce in Oriente un rigoroso potente itinerario meditativo e presenta una funzione religiosa di delimitare ritualmente uno spazio, che viene così sacralizzato, assicurando nel suo interno la presenza di energia luminosa. In Tibet questo percorso connette il praticante al divino, chiamato a proteggerlo da influenze nefaste e demoniache. Durante l’iniziazione egli impara a visualizzare il Mandala consacrato e a ricostruirlo progressivamente dentro di sé per realizzare una teofania liberatrice. 6
Possiamo affermare dunque che da sempre e in ogni cultura “ Il Mandala fissa e stabilizza analogicamente e magicamente, nello spazio-tempo rituale governato dall’uomo, le forze naturali governate dagli dei e quindi da sempre è stato uno strumento terapeutico”.
Secondo il tibetologo Giuseppe Tucci si tratta di archetipi nativi nell’anima umana e che perciò ricompaiono, sotto diversi cieli ed in tempi diversi, in aspetto affine, sempre che l’uomo decida di ricomporre quell’unità che il prevalere della nostra personalità ha già rotto o minacci di far precipitare; (cit.) 7
Il Mandala, secondo Tucci, delinea la superficie consacrata e la preserva dall'invadere delle forze disgregatrici simboleggiate in cicli demoniaci. Ma è molto di più di una semplice superficie consacrata e da mantenere pura per gli scopi rituali e liturgici. Esso è di fatto un cosmogramma, è l'universo intero nel suo schema essenziale [...] Lo stesso principio regola naturalmente la costruzione dei templi: ogni tempio è un mandala. L'ingresso nel tempio non è soltanto l'ingresso nel luogo consacrato, ma l'entrata nel “mysterium magnum”. Il mandala allora non è più solo un cosmogramma ma uno psicogramma, lo schema della reintegrazione dal molto all'uno, a quella coscienza assoluta, intera, luminosa, che lo yoga fa nuovamente brillare in fondo all'essere nostro. 8
Il Mandala è il tutto, ma il tutto medesimo riflesso dell’io. I cinque punti segnati nel Mandala sono adeguati ai cinque elementi costitutivi della personalità umana, cinque passioni od oscuramenti fondamentali (moha-tenebra mentale, abhimana- superbia, irsha-gelosia, krodha-irascibilità, lobha-cupidigia). Avvenuta la disintegrazione dell’identità primordiale si determina l’insorgenza della vita affettiva in tutte le sue forme secondo uno schema di cinque colori corrispondenti. 9
Per la complessità della trattazione e nel rispetto degli studiosi orientalisti non si entrerà nel merito dei complessi schemi essenziali ispirati al Buddismo indo-tibetano, ma è interessante individuare alcuni punti di contatto con la psicologia clinica, in quanto entrambi nascono per riempire il vuoto che la coscienza ordinaria “colma” con ogni sorta di attaccamenti esteriori: agli oggetti, all’immagine, alle sicurezze affettive, economiche, logistiche.
L’uomo è un animale incompiuto e tutti suoi affanni derivano da questa incompletezza 10 .
Prima di entrare nel vivo delle esperienza yunghiana, cui è dovuta l’introduzione dei mandala nella psicologia occidentale sperimentandone l’efficacia terapeutica anche su se stesso, è possibile, fare alcune considerazioni tra il buddismo e psicanalisi. La psicoanalisi è un cammino di liberazione che ha notevoli punti di contatto con il buddismo, infatti, per entrambi la verità fondamentale “la prima nobile verità” è il dolore ed entrambi offrono una cura al male di vivere. “La seconda nobile verità” è l’ignoranza: l’illusione protegge dal dolore, ma al tempo stesso lo mantiene. “La terza nobile verità” è che è possibile liberarsi dalla sofferenza che deriva dall’ignoranza e attaccamento alle illusioni. “La quarta nobile verità” consiste nel metodo utilizzato per raggiungere la liberazione; i metodi differiscono nelle due tradizioni, ma in entrambi i casi sono fondati sulla consapevolezza che dissolve l’ignoranza, per il Buddismo, e porta alla conoscenza dell’inconscio, per la psicoanalisi.
Aldilà delle differenze, queste due grandi tradizioni sono unite dalla profonda aspirazione di raggiungere la verità liberandosi dall’illusione in cui è immersa la coscienza ordinaria, per attuare un processo benché doloroso di liberazione e di risveglio. La realtà e la verità si contrappongono al sogno e all’illusione. Tuttavia, già alcuni dei primi psicanalisti, in particolare Jung ed Adler, avevano visto nel sogno, e più in generale nell’inconscio, anche una funzione positiva, creativa e progettuale, aldilà del serbatoio dei contenuti rimossi 11. L’inconscio per questi analisti non è un luogo oscuro ma anche e soprattutto una matrice di impulsi vitali, rigenerativi e risanativi.
In epoca post freudiana anche diversi analisti del campo freudiano Loewald e Bion, si sono avvicinati a questa concezione, di Bion si diceva che fosse uno sciamano; la psicanalisi ha dunque scoperto qualcosa che era già noto nei tempi antichi, una dimensione che gli sciamani chiamano “regno degli spiriti” mentre gli psicanalisti “inconscio” da cui provengono sia malattia che la guarigione. Dunque occorre imparare a muoversi in questa regione sia per disinnescare le cause della malattia, sia per attivare la guarigione. Mircea Eliade 12 celebre storico delle religioni del XX secolo, aveva intuito che, il Mandala che porta alla percezione mistica, e perciò alla conoscenza di sé, non andava visto solo come una forma d’arte sacra del medio oriente, ma associato ad altre culture e tradizioni 13. Al riguardo scrive“(…) l’uomo che comprende un simbolo non soltanto apre se stesso al mondo oggettivo, ma allo stesso tempo riesce a emergere dalla sua situazione personale e a raggiungere una comprensione universale. Grazie al simbolo, l’esperienza individuale è risvegliata e trasmutata in un arto spirituale”.
13 Mircea Eliade, Potere società e popolo nell’età sveva, pag. 218
3. Approccio psicologico
Da molti anni, alcuni psicologi, psichiatri e psicoterapeuti, hanno sperimentato nella pratica clinica che colorare un Mandala favorisce la possibilità di metterci in contatto con il nostro sé, con il nostro centro producendo un effetto terapeutico di autoguarigione.
Tra tutti il più noto è lo psicanalista svizzero Carl Gustav Jung, il quale ha fatto del Mandala uno strumento di indagine della personalità e sull’argomento ha scritto quattro saggi dopo oltre vent’anni di studio. Secondo Jung, durante i periodi di tensione psichica, figure mandaliche possono apparire anche spontaneamente nei sogni per portare o indicare la possibilità di un ordine interiore e dare espressione e forma a qualche cosa che tuttora non esiste, a qualcosa di nuovo e di unico.
Carl Gustav Jung sperimentò su di sé, il Mandala, individuandoli in ogni cultura, negli arcaici popoli dell’Africa, negli aborigeni australiani, nelle tribù dei nativi americani, nelle visioni dei mistici medievali, nelle formule degli alchimisti rinascimentali, nei disegni dei saggi cinesi o dei monaci tibetani, nelle allucinazioni dei malati di mente, nei sogni straordinari.
C.G. Jung disegnò il suo primo Mandala nel 1916, a 41 anni, usando la forma più semplice (un cerchio col centro); ogni mattina studiava la simmetria o meno del suo disegno che disegnava su una pagina di taccuino come indicatore del suo equilibrio psichico; quando è era in preda ad emozioni, il cerchio risultava alterato; se in armonia con se stesso, armonioso. Quanto più c’era equilibrio e bellezza, tanto più la psiche stava bene e si manifestava bene.Pertanto considerò Il Mandala una raffigurazione elementare, una monade 14, che indica una tappa positiva sul cammino dell’integrazione, verso la totalità.
Le sue intuizioni partono dall’assunto teorico che l’inconscio individuale appartiene ad ogni individuo e che è formato dalle esperienze personali vissute da ogni persona; racchiuso in questo si trova anche l’inconscio collettivo che, invece, non è stato acquisito ed esperito. All’inconscio collettivo appartengono immagini primordiali comuni ereditate che racchiudono in sé la simbologia della nascita dell’uomo e del mondo e che riemergono attraverso un legame con le emozioni. Proponendo i Mandala ai suoi pazienti Jung osservò che essi ne traevano conforto e sembrava ritrovassero un equilibrio psicologico nei momenti di grandi cambiamenti. Il Mandala, come struttura radicata nell’inconscio, rappresenta il movimento tra interno ed esterno, le forze che portano all’esplorazione del mondo esterno ed alla propria interiorità. Il centro del Mandala, a cui tutto arriva e da cui tutto riparte è come il centro della propria anima, dove poter ritrovare energia ed armonia. 15
Jung riteneva Il Mandala uno psicogramma, cioè un disegno che esprime la psiche così come essa è nella situazione attuale, per cui lo considera strumento diagnostico, meta e matrice. Allo stesso tempo esso è un cosmogramma, perché manifesta l’energia superiore che muove ogni dinamica della vita contenuta nell’inconscio. Secondo la tradizione buddista e quella junghiana, avviene, tra struttura psichica e la forma geometrica realizzata nella costruzione del Mandala, un rispecchiamento, capace di attivare funzioni cognitive e psichiche, allorché l’esperienza meditativa o il sogno diventano la tecnica attraverso la quale l’autore del Mandala attiva processi d’integrazione dell’io.
CG. Jung, afferma i “Mandala sono uno dei migliori esempi dell’operazione universale di un archetipo” cioè dell’azione di quei temi e schemi dominanti nella vita dell’uomo, che possiamo ritrovare in ogni cultura, impronte presenti nella psiche come un marchio di appartenenza ad una razza. E’ l’archetipo dell’ordine interiore ed esprime il fatto che esiste un centro ed una periferia, che cerca di abbracciare il tutto. E’ il simbolo della totalità. Perciò, durante una terapia, quando nella psiche del paziente c’è grande disordine e caos, questo simbolo può apparire sotto forma di Mandala in sogno, o nelle fantasie o nei disegni liberi. Il Mandala compare spontaneamente come archetipo compensatorio, portando ordine, mostrando la possibilità dell’ordine.” 16
Il Mandala nel suo schema grafico riflette i vari livelli di consapevolezza dell’individuo, per cui Jung riteneva che esso fosse una forma mentale naturale. I modi con cui viene espresso creano uno svolgimento simbolico-rituale che conduce sulla via dell’auto-integrazione, anche se soltanto di tipo mentale o “interiorizzato”, la mente assume la giusta prospettiva per prevenire la sua espansione in ogni direzione e conseguire l’auto-orientamento. L’immagine ha lo scopo di tracciare un magico solco intorno al centro, un recinto sacro della personalità più intima, un cerchio protettivo che evita la “dispersione” e tiene lontane le preoccupazioni provocate dall’esterno.17
La sua dinamica asseconda il modo di rifare il punto, ripetendo l’azione finché necessario, fino a raggiungere il centro spazio-temporale della psiche profonda.
La funzione del diagramma è triplice: consolidare l’ordine psichico se già esiste, ristabilirlo nel caso fosse dissestato o persino scomparso e perseguire la finalità creativa dando espressione e forma a qualcosa che non esiste, a qualcosa di nuovo e unico.
Nella pratica clinica osservò nei disegni e dipinti onirici dei suoi pazienti, (senza che questi avessero qualche cognizione sulla materia) simboli e diagrammi equivalenti ai Mandala, tutti impostati sul motivo del centro. Queste forme spontanee erano secondo Jung il frutto del processo di individuazione 18 , che altro non è il bisogno di ogni individuo di affermare la propria unicità e soggettività in opposizione al “collettivo”. Tale processo si attua nell’uomo autonomamente nell’inconscio e può avere un suo sviluppo armonico soltanto se l’individuo ne è consapevole e istituisce una relazione cosciente e cooperante. Sul concetto di Mandala come espressione simbolica dell’inconscio che si rende palese nei sogni, Jung sostiene che quasi tutti i Mandala onirici appaiono in connessione con stati psichici di disorientamento, paura e conflittualità. In questi casi il Mandala appare come un mezzo terapeutico che ha il compito di intervenire per ridurre lo stato dissociativo e confusionale e di riportare una certa forma di ordine. In pratica il Mandala esprime simbolicamente il conflitto degli opposti e la loro riconciliazione resa possibile dall’emergere del Sé al centro della psiche, il quale trova la sua rappresentazione nel punto più interno e centrale del disegno.
Nel libro “Coscienza, inconscio e individuazione” raccoglie una serie di Mandala disegnati da una paziente indicativi del suo processo psichico. C.G.Jung incoraggia la paziente a disegnare spontaneamente, anche se non ha mai disegnato prima, perché è convinto che l’inconscio si esprimerà naturalmente e la guiderà nella crescita dell’anima. L’arte diventa via terapeutica, rito esterno che nello stesso tempo esprime e rigenera ciò che è interno.
Il rito è un attivatore nel mondo visibile che attiva processi nel mondo invisibile. Il rito è formato da parti visibili e parti non visibili, un modo apparentemente esterno (strumenti, oggetti, parole, passi o atti) che dà luogo a un moto energetico interno. Può avere un riscontro visibile e richiedere immagini fisiche o mentali. Le immagini sono forme attivanti che passano attraverso lo sguardo, ma la loro valenza è più sottile. Noi siamo esseri essenzialmente visivi e le icone sono grandi convogliatori della nostra energia conscia e inconscia.
Nello stato d’animo giusto le immagini non sono create dalla fantasia ma generate dall’inconscio. Dice Jung: “le immagini saranno creazioni genuine dell’inconscio”. Del resto le immagini sono movimento, esattamente come le cose percepite e generano moti di energia. Da questo punto di vista lavorare con le immagini equivale a lavorare con le cose o con gli atti. L’uso delle immagini può essere un forte ausilio per ritrovare il proprio equilibrio e può dar luogo a veri processi di reintegrazione psichica autoindotti.
C.G. Jung dunque consiglia ai suoi pazienti a non aver paura di disegnare quello che viene: saranno elementi fantastici con colori anche molto vivaci, perché la forza dei colori attira l’inconscio. Attraverso l’arte si realizzano delle manifestazioni spontanee di una psiche non controllata dalla coscienza, ma libera di esprimersi. Quando la vita arriva a un punto critico ed emergono difficoltà psichiche ad andare avanti, l’inconscio si manifesta con sogni, immagini simboli preannunziando una struttura di orientamento.
Il Mandala come strumento terapeutico, assume la forma dell’equilibrio delle energie, che centralizza la psiche e le permette di ricreare un nuovo ordine. Dal centro l’energia scaturisce, al centro ritorna. Il Mandala assume pertanto, una funzione di “archetipo di integrazione”, il suo centro non è l’Io ma la personalità totale. Presente in ogni luogo e tempo, esso è un concetto numinoso 19 universale.
Per Freud il fenomeno principale è il conscio, luogo della non contraddizione, l’inconscio è un epifenomeno, cioè un prodotto secondario (o scarto), che va domato. Per Jung la gerarchia è rovesciata, l’inconscio esprime ciò che vuole, anche contenuti contraddittori, anzi la massima intelligenza umana sta proprio nell’accettazione della necessità dei contrari, come parti di una totalità paradossale.
In quanto simbolo di unità e riconciliazione degli opposti il Mandala può considerarsi un canale attraverso il quale si esprime una realtà universale il cui contatto, sebbene mediato simbolicamente, favorisce un’esperienza trasformativa della coscienza.
C.G.Jung vede che l’uomo visualizza Mandala in modo spontaneo, quando in lui matura un grande mutamento e la sua struttura psichica si riorganizza, cioè si crea un nuovo mondo. Non l’uomo crea il Mandala ma esso sorge nell’anima da sempre, come “una specie di atomo nucleare spontaneo di cui ignoriamo la struttura più intima e l’intimo significato. Cose di questo genere non si inventano, esse devono riaffiorare sempre dalle oscure profondità dell’oblio, per esprimere gli estremi barlumi della coscienza e le più alte intuizioni dello spirito, e fondere in questo modo l’unicità della coscienza del presente con il passato primordiale della vita” .
Pietra di Bollingen, un cubo di pietra che Jung scolpì nel 1950, corredandola di incisioni legate al simbolismo alchemico e astrologico. “Nella struttura naturale della pietra vidi un piccolo cerchio, una specie di occhio che mi guardava. Lo scolpii nella pietra, e nel centro vi feci un piccolo homunculus [una sorta di essere umano creato alchemicamente, nds]...”C.G. Jung L'epigrafe in greco recita: “Il tempo è un fanciullo che gioca a dadi il regno del fanciullo”.
4. Uso terapeutico ed educativo
La pratica dei Mandala persegue tre scopi centrare, guarire, crescere: Centrare significa cogliere l’essenziale, valutare lo scopo prioritario della vita. Per guarire, si intende trasformare i turbamenti, la malattia. Per crescere si intende il proiettarsi verso nuove opportunità che la sofferenza ci offre.
Lo psichiatra statunitense R. Turner che, dopo una formazione all’Istituto Jung di Zurigo, ha avuto un’ulteriore formazione in psicosintesi, rimanda il lavoro con i Mandala soprattutto in quattro tipi di situazioni critiche:
1) Perdite particolarmente gravi;
2) Profondi cambiamenti dei passaggi di età;
3) Malattie che minacciano la vita;
4) Emergenze spirituali. 21
Nelle situazioni in cui non bastano le parole per favorire il processo di trasformazione, l’espressione non-verbale del Mandala può facilitare sensibilmente lo scioglimento di blocchi dovuti al sovraccarico emozionale di un lutto, può consolare durante l’attraversamento di quella “terra di nessuno” dove non si trovano parole, raccogliendo e riorganizzando entro una struttura armonica un complesso intrigo di emozioni, pulsioni, sentimenti e pensieri dell’essere umano, confrontato con la propria limitatezza e mortalità.
Invece, segnala delle controindicazioni nell’uso del Mandala in casi di eccitazione maniacale, quando dei soggetti già troppo sovrastimolati non potrebbero sostenere anche il lavoro con un disegno impegnativo. Ogni volta che l’intensità di un’esperienza rompe i confini consolidati della vita individuale, il Mandala può contenere e rispecchiare la condizione in cui versa il soggetto e costituire l’inizio del suo processo di grounding 22 , un’esperienza di ancoraggio 23 e ri-orientamento verso un superiore livello di integrazione. Anche se in merito non vi è accordo fra gli arte-terapeuti, in un setting clinico è legittimo chiedersi quale sia il significato di un Mandala, nello stesso modo in cui si cerca il significato di un altro prodotto dell’inconscio, quale è il sogno. Ma occorre farlo con molto rispetto, per restituire al suo autore degli spunti utili per la comprensione di sé, e per agevolarne il processo di cambiamento. Il miglior modo per imparare a farlo, consiste nello sviluppare una sensibilità personale per il modo in cui questo processo avviene dentro se stessi: per esempio, incominciando con l’appendere i Mandala realizzati, in modo che siano facilmente visibili e ripetutamente esplorabili. Per la loro funzione contenitiva e sintetica, essi possono essere facilmente utilizzati anche in alcuni seminari di gruppo. 24
23 Tecnica di ancoraggio è una tecnica di PNL che aiuta a situarsi in uno stato emotivo concreto. Spesso si è in consciamente esposti ad ancoraggi legati a situazioni passate. Per esempio ascoltando una canzone che ci riporta a rivivere una data situazione.
24 R. Turner conduce seminari terapeutici. Per favorire l’autocentratura attraverso il disegno libero, S. Grof consegna un foglio bianco con un cerchio, al termine del suo intenso “Holotropic Brealhwork”
Attraverso il gioco e il disegno con il Mandala vengono potenziate nei bambini le nozioni geometriche e matematiche già apprese e sviluppate verso un livello superiore. Diversi studi in ambito pedagogico riportano dati favorevoli all’utilizzo del Mandala in esercizi di visualizzazione che precedono la fase di disegno e di gioco, con l’obiettivo di migliorare l’attenzione, la concentrazione, nonchè di predisporre il bambino al pensiero creativo, eliminando gli ostacoli psicologici all’apprendimento. Il potenziamento della motivazione all’apprendimento e la cura del “setting educativo” permettono in primo luogo un miglioramento della qualità di vita nell’aula e, parallelamente un significativo aumento nel rendimento scolastico. 25
Gli strumenti di visualizzazione cerebrale e le tecnologie per la rilevazione dei correlati neurofisiologici degli stati di coscienza, sviluppatisi negli anni settanta, hanno fornito la possibilità di stimare quantitativamente, gli effetti della meditazione. Recentemente, una parte di questi studi si è orientata all’utilizzo di tale tecnica in campo educativo. La meditazione, in questo ambito, la realizzazione del Mandala, migliora le capacità prettamente cognitive, quali l’attenzione, la concentrazione, la capacità logica potenziando quelle abilità psicologiche che intervengono nel processo di apprendimento, quali il controllo dell’ansia, la determinazione, l’autostima, l’umore, ecc. La meditazione può inoltre supportare il processo di sviluppo dell’Io e del Sè, l’evoluzione dell’immagine corporea, il pensiero creativo e il senso di benessere, tutti elementi che seppur non riguardano esclusivamente i processi di apprendimento, li facilitano e li migliorano.
Utilizzando la meditazione si può formulare un paradigma didattico articolato in una fase di “pulitura” del sistema recettivo, che ottimizzi le possibilità di ascolto; e in una fase di somministrazione dell’informazione, attraverso una comunicazione fondata sulla modulazione del metodo sul sistema percettivo dello studente. Considerando i dati raccolti dalla ricerca neurofisiologica, si evidenzia che la meditazione sia stata largamente utilizzata in contesti educativi, nelle aule, per bambini, adolescenti, e per le insegnanti. Un esempio è il progetto di conscionsness-based education finanziato dalla David Lynch Foundation e condotto nelle Scuola Pubblica Charter di Detroit. In contesti scolastici l’utilizzo della meditazione permette sia il potenziamento dei processi di apprendimento e di sviluppo cognitivo, sia il miglioramento delle capacità di comunicazione intrapersonale e interpersonale, sostenendo così lo sviluppo psico-emotivo.
5. Effetti e Benefici dell’utilizzo dei Mandala
L’utilizzo dei Mandala favorisce un raccoglimento interiore, ci aiuta a ritrovarci nel “qui ed ora” dell’esperienza, a ritrovare un equilibrio in un particolare momento o passaggio della nostra vita. Il Mandala è un’immagine di noi stessi che tramite la sua realizzazione è in grado di aumentare il nostro grado di coscienza e consapevolezza. Durante la sua realizzazione, gli aspetti frammentari dell’identità si ricompongono, favorendo il processo di individuazione cioè di “ampliamento della sfera della coscienza”. Mentre si costruisce il Mandala, l’uomo si concentra, si individualizza, esegue una ricerca interiore indispensabile perché si verifichi la catarsi, la purificazione. Ecco perché in particolare con soggetti con disturbi dissociativi l’utilizzo costante dei Mandala come sostegno al percorso psicoterapeutico ha un effetto molto proficuo. Colorare Mandala si è dimostrato anche di beneficio nell’alleviare stati d’ansia.
Il motivo del cerchio elaborato nei Mandala, evoca ed appaga simbolicamente un bisogno archetipico di ordine e armonia gravemente frustrato nella società contemporanea, tanto che la psicologia del benessere in Europa da un ventennio propone il Mandala come mezzo educativo e preventivo, mentre si affaccia una neuro-pedagogia del Mandala che valorizza l’antico cerchio magico come raccordo fra pedagogia e neuroscienze, oltre che come mezzo di riarmonizzazione cerebrale. 26
E’ noto che bambini ansiosi, agitati, dispersivi, incapaci di concentrarsi e di ritrovare la calma, costituiscono uno dei principali motivi di frustrazione per gli adulti, tanto che negli Usa otto milioni di bambini assumerebbero psicofarmaci, mentre in Italia alcune centinaia di miglia sarebbero stati diagnosticati come aventi dei problemi psichiatrici. Un sistema educativo più attento a bisogni profondi dell’essere umano e impegnato innanzitutto nella prevenzione, avrebbe oggi a disposizione innumerevoli ed efficaci strumenti di lavoro, fra cui i Mandala, il cui uso in classe e in famiglia promuove un’atmosfera di grande e piacevole impegno, favorendo la concentrazione e la stabilità emotiva. M. Smithwhite 27 ha notato peraltro che i bambini fanno spontaneamente dei disegni mandalici, quando giungono al termine degli esercizi di meditazione da lei condotti, e ne ha raccolti diversi in una preziosa antologia illustrata. Il mercato - molto più sensibile della scuola all’emergere di nuovi bisogni – mette oggi a disposizione dei Mandala in funzione ludico/creativa, come scatole per disegnare e colorare figure con motivi classici, romantici, con animali ecc. Più che di un’indulgenza alle mode, in questo caso sembra si tratti di un sintomo del profondo bisogno di riorientamento e centratura individuale e collettiva della nostra società, a partire dai bambini.
I manuali in commercio sono rivolti prevalentemente alla crescita personale e ne consigliano l’impiego in un ambiente tranquillo, mettendo in secondo piano quelle finalità estetiche che potrebbero pregiudicare la spontaneità espressiva. Consigliano anche di iniziare con un breve rilassamento e poi scegliere colori, forme, materiali e altro con cui esprimersi nella massima libertà. Al termine, si consiglia di appendere il Mandala bene in vista, in modo che continui a “sedimentare” anche quando l’autore non ne comprenda il significato psicologico.
In campo medico si è fatto uso terapeutico del Mandala nel trattamento del cancro; esso infatti rappresenta una via al ritrovamento dell’ordine e dell’energia, aspetti che si tendono a perdere quando si è coinvolti in un percorso di malattia Dahlke, medico e psicoterapeuta, usa da molto tempo il Mandala in ambito terapeutico, e nella cura di malattie fortemente destabilizzanti, come ad esempio il cancro. Quando si tende a perdere il proprio orientamento si vive in uno stato di confusione. Il Mandala è una via al ritrovamento dell’ordine e dell’energia. Di fronte ad una malattia profondamente radicata nel corpo quale il cancro, l’interpretazione della perdita di direzione nella vita a essa correlata è così chiara che la terapia con i Mandala si impone come primo intervento immediato.
Anche in Italia l’uso terapeutico si sta consolidando, vengono proposti percorsi a donne malate di cancro al seno e a persone in fase di disintossicazione dalla droga, evidenziando nei partecipanti importanti effetti positivi come la capacità di riequilibrarsi.
Di seguito alcuni effetti individuati in bibliografia in seguito a percorsi terapeutici in cui si è utilizzato l’ausilio meditativo:
1) Attenzione, concentrazione , cervello più intuitivo, attivo.
Con l’ausilio del Mandala la nostra attenzione si concentra, il nostro battito cardiaco si regolarizza e si viene a creare uno stato di benessere, di calma e tranquillità emotiva . Diminuendo lo stress e dimenticando i pensieri che bloccano la nostra mente, il cervello diventa più reattivo nella risoluzione dei problemi, anche perché, sia l’emisfero destro (quello della logica) che quello sinistro (legato alla creatività), entrano in risonanza e si connettono, andando ad alleggerire l’attività dell’amigdala, coinvolta nel controllo delle emozioni.
2) Si entra in uno stato meditativo dove i due emisferi si connettono.
Si entra in una fase meditativa, molto simile ad una sorta di stato di trance, in cui i pensieri si placano e la mente si acquieta. Il cervello può raggiungere le stesse frequenze di quando si medita. Questo implica una rigenerazione mentale complessiva.
3) Allevia lo stato d'ansia, elimina lo stress.
Colorare Mandala si è dimostrato anche di beneficio nell’alleviare stati d’ansia. I pensieri negativi abbandonano la nostra mente, poiché concentrandoci sulla colorazione si rilascia la tensione. Questo stato di rilassamento meditativo è rigenerante per tutto il nostro corpo fisico e mentale, poiché aiuta proprio ad allontanare quello stress "cattivo", che cronicizzandosi è fonte di malattia. Inconsciamente colorando si ritorna bambini, incrementando lo stato di benessere. Laboratori con i Mandala, proposti ad alunni disabili come strumento contenitivo dell’ansia e stimolante della propria individualità e creatività, hanno favorito processi di integrazione ed espressione del sé.
4) Ritrovare “il qui ed ora”
Favorisce la capacità di percepire il momento, nel “qui ed ora” dell’esperienza, a ritrovare un equilibrio in un particolare passaggio della vita. Durante la sua realizzazione, gli aspetti frammentari dell’identità si ricompongono. Ecco perché, in particolare con soggetti con disturbi dissociativi, l’utilizzo costante dei Mandala, come sostegno al percorso psicoterapeutico, ha un effetto molto proficuo.
5) Creatività interiore
La creatività non rimane chiusa nell'attimo, ma si propaga come una vibrazione nella vita quotidiana. In modo silenzioso il Mandala lavora aiutandoci ad affrontare situazioni pesanti.
6) Migliora la coordinazione
Colorare inoltre all’interno delle righe, rispettando spazi e colori, utilizzando precisione e calma, migliora le abilità motorie e la coordinazione tra occhio e mano. Laboratori con i Mandala, proposti ad alunni disabili come strumento contenitivo dell’ansia e stimolante della propria individualità e creatività, hanno favorito processi di integrazione ed espressione del sé. Colorare i Mandala è una attività molto utile anche per i bambini: le forme e i colori del Mandala sono un invito al gioco e permettono al bambino di concentrarsi, consentendogli di ottenere equilibrio e tranquillità.
6. Come realizzare un Mandala
Si può realizzare un Mandala utilizzando disegni preesistenti o Mandala creati a mano libera. Può essere realizzato con stoffe, colori, sabbia, terra colorata, polveri ed elementi presenti in natura. Può essere disegnato su carta o altri supporti, e lo si può conservare o distruggere una volta terminato e contemplato. Il tempo da dedicare dovrebbe essere di almeno un’ora in un ambiente calmo e silenzioso. Può essere utile prima di incominciare meditare per un certo tempo. I Mandala a mano libera possono essere realizzati utilizzando compasso, riga matita, carta e colori. Si decide liberamente se partire dal centro o dall’esterno e ci si lascia guidare dalle proprie emozioni e dal proprio istinto finché non si sente che il Mandala è terminato. Esistono diversi approcci a seconda del risultato che si vuole ottenere. Generalmente, se lo strumento viene utilizzato in terapia viene data l’indicazione di disegnare e colorare, secondo la propria immaginazione, una figura circolare. L’unica informazione che viene data è che il centro rappresenta l’io e che deve essere colorato partendo dal centro. Certamente produrre un Mandala a mano libera è l'espressione più alta della creatività, ma i Mandala predisegnati, pur non lasciando libera creatività nella forma, aiutano, chi li colora, ad allenarsi a entrare in una realtà che non si può modificare completamente e che è preesistente. La libertà di colorare il disegno lo farà diventare un esemplare unico. È stato osservato che se anche cento persone colorano lo stesso Mandala non se ne trova uno identico all’altro. Così, se un individuo colora lo stesso Mandala in momenti diversi si noterà un risultato finale differente. Ogni scelta di colore, di supporto, di tecnica usata è espressione di uno stato d'animo. La scelta di un pastello piuttosto che un acquarello, sfumature di giallo piuttosto che di blu o viola rappresentano inconsciamente, un linguaggio non verbale.
7. Interpretazione: forme, numeri, figure, colori
L’interpretazione di un Mandala può essere molto complicata. Disegnare un Mandala significa creare uno specchio del nostro mondo interiore in quel particolare momento della nostra vita; l’uso delle forme geometriche scelte, dei colori e delle loro tonalità, le figure rappresentate all’interno, la quantità degli elementi indicati, tutto appartiene ad una scelta personale, a quanto ciò evoca la realtà interiore. Persino la modalità di colorare può indicare qualcosa di noi, ad esempio chi comincia a colorare dal centro verso l’esterno sarà una persona sicura di sé e del proprio centro. Mentre colorare un Mandala partendo dall’esterno andando verso l’interno potrà indicare che chi colora è insicuro, con scarsa fiducia in sé e nel mondo. Così, anche nella lettura e interpretazione di un Mandala è necessario tener conto del filtro dell’occhio di chi guarda e delle personali rievocazioni. Gli elementi geometrici che costituiscono il Mandala conservano una pluralità di significati che investono tanto il dominio della psiche quanto quello del reale, creando un preciso sistema di corrispondenze fra la vita dell’individuo e quella dell’universo. Nei Mandala, come già affermato, è possibile riconoscere il ripetersi alcune figure, forme e colori comuni, esistono pertanto convenzioni universali nell’attribuire ad essi un significato. Di seguito in sintesi gli elementi più comuni e le loro significato:
I colori nel Mandala
Blu: è il colore del cielo e dell’acqua, esprime ricettività, creatività e potere spirituale. Il blu apre la porta all’immaginazione, al sogno e all’inconscio. È molto rilassante e porta le qualità della decisione, dell’originalità e dello spirito organizzativo.
Giallo: è il colore del sole, esprime allegria, rinnovamento e comunicatività. Rappresenta un intelletto molto sviluppato e la consapevolezza delle proprie responsabilità. L’oro rappresenta il contatto con il divino e il nero è lo spettro di interazione di tutti i colori. Chi usa il giallo è alla ricerca di un cambiamento per uscire dagli schemi.
Viola: è il colore della regalità e favorisce la consapevolezza interiore, riflette dignità, nobiltà e rispetto di sé. A livello psichico la sua qualità è in sintonia con visione e intuizione e diventa l’artefice del destino umano. È il colore che rappresenta le capacità artistiche, la tolleranza e la considerazione.
Arancione: è estroverso e deciso, come il rosso, ma in modo più costruttivo. Riflette entusiasmo unito ad una vivacità naturale ed istintiva. Porta con sé fiducia in se stessi, forza e coraggio e un atteggiamento positivo nei confronti della vita. Favorisce la risoluzione dei problemi.
Rosso: è il simbolo del rinnovarsi della vita e del rafforzamento dell’energia vitale. Viene preferito da persone estroverse come segno della propria apertura, energia e attività. Il rosso profondo esprime il radicamento e la protezione dalle energia della terra, armonizza i chakra di base e combatte le carenze energetiche ristabilendo l’energia fisica. Aiuta tutti i tipi di paura legati alla sopravvivenza. Usare il rosso indica passione, azione, forti emozioni. In contrapposizione al positivo può significare rabbia, odio, ira.
Turchese: in tutte le sue sfumature, incoraggia la comunicazione creativa del cuore, mantiene il flusso della comunicazione illuminata collegata alla parte sensibile dell’essere. Dona l’apertura necessaria per manifestare la propria creatività, per esprimersi direttamente dal cuore, liberandosi da paure e vulnerabilità. Incoraggia l’indipendenza e la capacità di assumersi la responsabilità dei propri sentimenti e azioni.
Verde: È il colore del chakra del cuore, che apre e calma; aiuta inoltre ad espandere la respirazione, aiuta a trovare il nostro spazio e ad andare al cuore delle cose. Porta pace alle emozioni mediante la calma, il riequilibrio e la centralità. Favorisce la sensibilità. Instaura un contatto con la natura, gli alberi in particolare.
Rosa: rappresenta il calore e l’impegno per amare noi stessi e gli altri, ci avvolge in un’atmosfera cordiale che ci aiuta a dare il meglio di noi. Porta benessere emotivo infondendo amore, cura e calore.
Bianco: contiene tutti i colori, è perciò simbolo di perfezione. Usare questo colore evoca semplicità, purezza, innocenza legata alla sacralità e alla trascendenza.
Le forme nel Mandala
Cerchio: il cerchio chiuso indica la concentrazione, mentre una spirale indica un movimento interiore, in generale la figura circolare è un richiamo alla totalità.
Punto: rappresenta il centro, l’inizio e la fine di tutte le cose.
Quadrato: rappresenta stabilità e solidità, equilibrio, rimanda alla terra e al corpo.
Triangolo: rappresenta unione del corpo, mente, spirito. L’unione di due triangoli equilateri rappresenta il sigillo di Salomone con l’insieme dei quattro elementi: terra, aria, acqua, fuoco
Croce: è un simbolo antichissimo, l’incrocio delle sue braccia crea una confluenza verso il centro del cerchio. Esprime un collegamento tra il mondo spirituale e quello materiale. Indica l’unione dei contrari.
Stella: rappresenta il divino, è simbolo dell’identità personale.
Fiore: è il simbolo dello sbocciare, del fiorire. Rappresenta il nostro divenire in maniera armonica e continua, rappresenta la ripresa della crescita interiore.
Sole: è il simbolo dell’energia e della forza vitale.
Albero: è la forza della vita, della volontà di affrontare la vita. Le radici indicano la casa e le persone a cui siamo legati affettivamente. Disegnarlo può voler rappresentare il proprio essere, aspetto fisico, emotivo e spirituale. È un collegamento tra coscienza e inconscio.
I numeri nel Mandala
1: simboleggia l’individuo come unità. Può essere indice di una fase di egocentrismo.
2: rappresenta il dualismo tra bene e anima e corpo e spirito. Esprime alternanza e conflitto. Può significare desiderio di confronto con persone importanti.
3: è considerato il numero perfetto, esprime il rapporto dell’uomo con la mente,il corpo e lo spirito, richiama il divino. Evoca vitalità ed energia sia mentale che fisica.
4: rappresenta la ricerca dell’equilibrio e l’armonia, stabilisce ed organizza lo spazio. È la contrapposizione tra il mondo divino e il mondo materiale.
5: esprime il desiderio di un equilibrio psicofisico. Richiama il significato della stella a cinque punte, l’uomo che si espande per occupare il suo spazio e la sua realtà.
6: è un numero con una forte simbologia femminile. È quindi il numero della creatività e dell’equilibrio.
7: questo numero ha in sé la chiusura di un ciclo e la ricerca di un nuovo equilibrio. Indica una trasformazione e attività interiore.
8: È un multiplo di quattro, la ripetizione di otto figure o colori può significare una personalità organizzata ed equilibrata con armonia in tutti gli aspetti dell’esistenza.
9: indica la necessità di sintesi e di armonia tra fisico, mente, spirito. Rappresenta il mistero dell’esistenza umana.
10: è il numero delle nostre dita, dei dieci comandamenti; è il numero che richiama la perfezione, il realismo e la moralità. Si ritorna al concetto di unità.
Il Mandala può essere visto come espressione emotiva dell’armonia, della tendenza all’armonia, che è dentro di noi. I simboli che prendono parte della costruzione di un Mandala, diventano i simboli dai quali attingere ulteriori rivelazioni che mettono in contatto il sé con la parte spirituale. «Questo simbolo richiede di essere usato con rispetto e consapevolezza per non svalutarne l’essenza». Vorrei concludere la relazione citando le parole di Giuseppe Tucci che racchiudono il significato profondo del mandala “Quando un pittore dell’India o del Tibet disegna un Mandala, non ubbidisce ad un arbitrio di fantasia: egli esegue una tradizione precisa la quale insegna a rappresentare in quella particolare maniera il dramma della sua anima. Egli non vi dipinge le immagini fredde di un testo iconografico, ma vi riversa i fantasmi del suo io profondo e così li riconosce e così se ne libera. Egli da forma a quel che sentiva agitarsi dentro di lui e ora se lo vede dispiegato davanti ai suoi occhi, non più padrone invisibile e incontrollabile della propria anima, ma diagramma sereno di chi apre i segreti delle cose e di sé stesso. Quell’intreccio d’immagini e quella simmetrica disposizione, quell’alternarsi di figure placide e minacciose è il libro aperto del mondo e del suo spirito.
Dove prima era notte adesso s’è fatta luce! Tamaso ma jyotir gamaya (Fammi passare dalle tenebra alla luce)
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