Un personaggio la cui storia mi aveva subito conquistato appena ero arrivato a Gualdo nel 2003, quando, innamoratomi del magnifico paesaggio delle colline maceratesi e dei Monti Sibillini, avevo comprato un vecchio casolare con un po' di terra. Passeggiando per le vie medievali del centro storico, ripercorrevo spesso i luoghi in cui Murri aveva voluto vivere nei momenti più difficili della sua esistenza e dove era stato sempre accolto con grande rispetto e umanità da tutta la popolazione, in particolare dopo la scomunica che lo aveva colpito nel 1909.

Sulla casa dove aveva abitato, ancora oggi si può leggere su una targa marmorea questa dedica:
"In questa casa in cospetto dei monti che lo videro fanciullo circondato dall'affetto dell'umile gente che tanto amava Romolo Murri costretto a dolorosa solitudine riprendeva fiducia nella vita e negli uomini e fermo nella fede ritemprava nello studio lo spirito e la mente per nuove battaglie - A suo imperituro ricordo posero i gualdesi. MCMIVL”
Una casa gravemente danneggiata dal terremoto del 2016, tanto che l'archivio e la biblioteca sono stati spostati nei locali adiacenti alla Chiesa Madre di San Savino, che sono diventati l'attuale sede del "Centro studi Romolo Murri", un attivo centro culturale nato nel 1990 di cui oggi faccio parte e che organizza periodici convegni e conferenze e promuove la stampa di libri. E proprio nel 2020, in occasione del 150° della nascita di Romolo Murri, era stato costituito un Comitato scientifico che avrebbe dovuto realizzare un convegno internazionale. La pandemia non ha permesso la sua realizzazione. Ma sarebbe stata un'ingiustizia lasciare passare l'importante ricorrenza senza alcun segno! Se il lockdown ci aveva tutti reclusi in spazi ristretti costringendoci a reinventarci il tempo, per me si presentava l'opportunità di realizzare qualcosa che avevo in animo da anni: un libro su Romolo Murri!

Infatti, da quando ero diventato segretario del Centro, avevo trascorso non pochi pomeriggi nella biblioteca murriana: un patrimonio immenso!
Un giorno che mi ero trattenuto più del solito nella biblioteca, a Gualdo pioveva a dirotto, avevo aperto un cassetto dove, in alcune buste ingiallite dal tempo, c’erano ritagli di giornali che narravano del viaggio nell’America del Sud compiuto nell'estate del 1912 da Murri e dalla moglie Ragnhild, con cui si era sposato nell'aprile dello stesso anno.

Buste che avevano sollecitato fortemente la mia curiosità perchè nel 1972, giovane Tenente di Vascello, ero stato imbarcato sull’incrociatore Vittorio Veneto, allora nave ammiraglia della Squadra navale italiana che effettuava una crociera in Sudamerica, e avevo avuto la possibilità di visitare alcune città dove Murri aveva tenuto le sue conferenze. Attraverso i dettagliati resoconti dei giornali argentini, brasiliani e uruguaiani che descrivevano le conferenze di Murri, le interviste, le visite ai circoli dei nostri immigrati, i rapporti con le autorità locali mi rendevo conto della grande fama di cui godeva e di alcuni aspetti della sua personalità.

Dovunque si presentava, veniva accolto con grandi manifestazioni di entusiasmo, di simpatia e di affetto. Le sue conferenze erano sempre un successo non solo per la profondità del suo pensiero ma anche per l’eloquenza oratoria. Scriveva un giornale: “è di parola facilissima, preciso ed elegante nelle espressioni, dritto e sicuro nel ragionamento, pronto ad intuire l’anima dell’uditorio, e condurlo spesso a momenti di commozione profonda”. A Montevideo il quotidiano La Razòn titolava: “Piensa como un filosofo y habla como un poeta“.
Continuavo a setacciare nelle buste e tra le mie mani scorrevano locandine, cartoline, inviti e financo i menù dei banchetti offerti in onore di Murri. Ma furono delle simpatiche caricature “sudamericane” che ad un tratto mi fecero nascere l’idea di questa insolita biografia.

Fu così che nei giorni seguenti tornai al Centro Studi deciso a intraprendere questa nuova avventura. Quegli scaffali traboccanti di testi di teologia, filosofia, sociologia, molti in latino, non mi sembravano più ostili come prima, tanto che se qualcuno fosse entrato nella biblioteca mi avrebbe sorpreso a leggere persino la Summa teologica di San Tommaso d’Aquino! Ritagli di giornali, cartoline, registri, libri tutto era ordinato, ogni cosa aveva la sua etichetta e il suo bel codice! Doveva essere ben altra cosa un tempo, se è vero quello che scriveva Murri in questo frammento della sua "autobiografia fantastica":
“Qui [nella casa di Gualdo], ho detto, sono i miei libri: non una libreria, ma il materiale di una libreria o quasi il naufragio di una libreria che non è mai stata. Sparsi in più stanze, in scaffali, in armadi, in casse, in rozze tavole allineate lungo le pareti, a terra, in file composte o in mucchi disordinati … Quanto interesse in questo archivio! Riuscirò mai ad ordinarlo e salvarlo dalla dispersione?”.
Il Centro studi di Gualdo aveva realizzato almeno in parte (molti documenti sono ad Urbino) quello che era stato il sogno di Murri!

In quelle giornate passate in biblioteca, non di rado mi capitava di pensare a Murri qui a Gualdo, assorto tra i suoi amati libri. I già citati frammenti mi avevano infatti regalato un’immagine a cui io, uomo di marina approdato sulle colline gualdesi, non potevo rimanere indifferente. Scriveva Murri:
“Dal 1907 [anno della sospensione a divinis, ndr], sono un naufrago che non affonda. Quanti scogli da allora ho scambiato per isole: e la mia casa di Gualdo è lo scomposto magazzino di resti del naufragio ... Qui il tempo mi appartiene tutto, ed io son di me stesso … Qui passai gran parte dei lunghi anni di guerra … e servii questo [il paese di Gualdo] come potei, con la penna, e fui segretario fedele di questo umile popolo di campagna nei suoi rapporti con i figli al fronte e con le autorità ed imparai a conoscerlo ed amarlo e, spesso, ad ammirarlo più da vicino”.
Che bella dichiarazione d’amore nei confronti del paese e dei suoi abitanti! Questo grande affetto per Gualdo veniva da molto lontano, scriveva Murri:
“non in te sono nato; ma tu mi hai visto crescere, dopo la morte della madre, con la quale si aprono tristemente i ricordi della mia fanciullezza. A te tornavo ogni anno dai miei studi, innamorato dei tuoi monti e della tua pace”.
Infatti nel 1876 il piccolo Murri (aveva appena sei anni) era rimasto orfano della madre e fu affidato per qualche tempo allo zio don Vincenzo, pievano a Gualdo. E, quasi fosse una seconda madre, Gualdo continuò ad accoglierlo nei momenti più difficili della sua vita, come la sospensione a divinis del 1907, la scomunica del 1909 e la sconfitta elettorale del 1913.

Un altro momento di grande amarezza fu, nel 1919, il primo congresso del Partito Popolare a Bologna, pochi mesi prima fondato da don Sturzo e a cui Murri partecipò come semplice giornalista. Stando quasi in disparte, assisteva agli interventi dei congressisti, tra i quali non pochi di essi avevano partecipato con lui alla costituzione della prima Democrazia Cristiana, ma, complice la scomunica del 1909, nessun riferimento venne fatto a quel movimento e tantomeno alla sua persona. E addirittura, pochi anni dopo, alcuni esponenti del PP negheranno con decisione la continuità tra il movimento murriano e il nuovo partito. Un vero e proprio tradimento! Quanto erano lontani i tempi in cui il sacerdote marchigiano veniva acclamato al grido di “Viva Murri!” dai suoi giovani discepoli, tra cui proprio don Sturzo, il trionfante protagonista del congresso di Bologna. Ma lo stesso Sturzo, dopo il rientro dall’esilio nel 1946 - Murri era morto due anni prima riconciliato con la Chiesa - ebbe a scrivere: “Fu Murri, cinquant’anni fa, a spingermi definitivamente verso la Democrazia Cristiana: egli pubblicò i miei primi libri … i miei rapporti con Murri rimasero amichevoli ancora per vari anni finchè gli eventi ci distaccarono esternamente”.

Concluse le mie ricerche, rimaneva l’ultimo mistero della vicenda umana di Murri: la riconciliazione con la Chiesa cattolica. Era sorto infatti in me il desiderio di consultare gli originali delle lettere intercorse tra Pio XII e Murri, per cui decisi di andare all’Archivio Segreto del Vaticano. Una splendida mattina d’ottobre, varcai la porta di S.Anna, salutato militarmente dalla guardia svizzera. Grazie alla tessera in mio possesso, evitai la lunga fila di coloro che accedevano allo Stato del Vaticano per recarsi alla munita ed economica farmacia e giunsi all’Archivio Segreto. Mentre stavo compilando il modulo di accesso, si avvicinò a me un monsignore che conoscevo e che mi chiese il motivo della mia ricerca. Mi informò, con mio sommo dispiacere, che la visione dei documenti di archivio consultabili si interrompeva al 1939.
Un viaggio a vuoto, pensai, le lettere erano del 1943. Monsignore si rese conto della mia delusione, ma non avevo tenuto conto della provvidenza, perchè mi mise in contatto con uno storico dell’archivio che mi riferì di un episodio commovente che riporto. Nel 1943 si celebrava il matrimonio del figlio Stelvio con Iole Gaudenzi, Murri, su cui pesava ancora la scomunica, era ben conscio di non poter entrare nella chiesa di Santa Prisca ed assistere al rito religioso. Confidò questo suo tormento ad un amico, l’onorevole Mario Cingolani, che conosceva bene il papa. In occasione di un’udienza, l’onorevole gli espose il caso, gli consegnò una lettera di Murri e rivolgendosi a Pio XII, gli disse: “Santità è un padre che parla, ai piedi dell’altare …”, ma Cingolani non riuscì proseguire, tanta era la commozione. Il Papa - mirabile cosa! - gli disse: “Ma certo! Che Murri vada pure in Chiesa”. L’onorevole corse subito al telefono: “don Romolo, il Papa ti permette di entrare in Chiesa”, dall’altro capo del ricevitore si sentì uno scoppio di pianto.

Una vita quella di Murri con un lieto fine, come dovrebbero essere tutte quelle che riguardano le vicende umane. E a questo proposito mi vengono in mente le parole del mio Ispettore, l’ammiraglio Domenico Natale che, quando cominciavo a scrivere i miei primi articoli sul Notiziario della Marina, mi raccomandava: “ricordati che il finale deve essere sempre positivo e deve dare al lettore un messaggio di ottimismo e di speranza”.
APPENDICE
Murri precursore della Democrazia Cistiana [Torna su]
A lungo dimenticato dalla storiografia, a partire dagli anni '70 del secolo scorso l'attenzione su Romolo Murri si è gradualmente accresciuta grazie ad importanti studiosi (tra gli altri, Lorenzo Bedeschi, Maurilio Guasco, Giovanni Spadolini, Filippo Mignini) che hanno contribuito a rivalutarne il pensiero e l'importanza storica. Grande fu l'influenza culturale che il sacerdote marchigiano esercitò soprattutto tra i giovani cattolici degli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento, ancora stretti tra il famoso "Non expedit" ("non conviene") della Santa Sede, che li invitava a non impegnarsi nella vita politica dello Stato italiano, e l'avanzata dei socialisti, già costituitisi in partito a partire dal 1892.
Proprio l'esempio di questi ultimi fece maturare in Murri la consapevolezza della necessità di organizzare le masse, il nuovo attore politico che stava entrando allora nella storia e il cui cammino, sosteneva egli con ardore, avrebbe dovuto essere guidato dai princìpi cristiani e non dalle concezioni materialistiche propugnate dai socialisti. "Andiamo al popolo! - Illuminiamolo! - Organizziamolo!", faceva scrivere su opuscoli e volantini. Perciò i suoi sforzi furono sin dall'inizio diretti a riunire gli eterogenei gruppi cattolici e a diffondere e far maturare tra essi una coscienza politica, oltre che religiosa, attenta ai problemi sociali.
Il 3 settembre del 1900, a Roma, a casa Murri, un gruppo nutrito di giovani, tra cui don Sturzo, partecipò all’assemblea fondativa della Democrazia Cristiana Italiana il cui programma sociale si ispirava ai principi esposti da Leone XIII nella "Rerum novarum" del 15 maggio 1891 (con la quale per la prima volta la Chiesa cattolica prendeva posizione in ordine alle questioni sociali, fondando la moderna dottrina sociale della Chiesa).
Si organizzarono circoli democratici cristiani a livello locale, regionale e nazionale e si costituirono cooperative di operai e artigiani, leghe contadine, casse rurali, organizzazioni femminili. Murri diede anche molta importanza all’attività propagandistica del costituendo movimento attraverso la stampa di giornali, riviste, opuscoli.

Le istruzioni di Leone XIII (1902) e soprattutto l’ostilità del nuovo Papa Pio X, determinarono una crisi irreversibile di questo movimento, diviso tra la linea moderata, obbediente alle direttive ecclesiastiche, e la linea murriana che spingeva per una svolta radicale, diretta a costituire un partito autonomo dal Vaticano. Anche i successivi tentativi di Murri di simile orientamento non avranno successo, costringendolo infine ad abbandonare l'idea di un partito cattolico, progetto poi ripreso con successo dal suo "allievo" don Luigi Sturzo che costituirà nel 1919 il Partito Popolare.
A titolo di esempio, tratto da uno dei tanti opuscoli pubblicati dal movimento murriano e intitolato "Il partito democratico cristiano del 1901", presente nell'archivio del Centro Studi Romolo Murri di Gualdo, voglio riportare "Il programma sociale della Democrazia Cristiana" (che riprende il "Programma di Torino" del 1899):
1°- Noi vogliamo l’organizzazione graduale della società in associazioni professionali corporative, autonome, generali ed ufficiali. Tutti i cittadini appartenenti alla stessa professione o a gruppi di professioni analoghe si riuniscano insieme conservando individualmente la loro funzione economica (padroni o principali, imprenditori, operai, apprendisti) per trattare insieme e regolare i rapporti reciproci e tutelare gli interessi comuni. Perciò chiediamo che lo Stato e tutti gli enti pubblici minori favoriscano in tutti i modi questa tendenza all’organizzazione corporativa, specialmente lasciando piena libertà e dando il riconoscimento giuridico alle unioni professionali che sotto l’azione dell’iniziativa privata verranno formandosi.
2°- Noi vogliamo la rappresentanza proporzionale dei partiti nei consigli dei Comuni e della nazione, come forma superiore di lealtà politica, e come avviamento alla rappresentanza proporzionale degli interessi sociali che sarà la portata dell’organizzazione sociale corporativa.
3°- Noi vogliamo il referendum e il diritto d’iniziativa popolare.
4°- Noi vogliamo un largo decentramento amministrativo come avviamento alla effettiva autonomia comunale e regionale contemperata colle esigenze strettamente nazionali dello Stato.
5°- Noi vogliamo una legislazione efficacemente protettrice del lavoro: - la limitazione del lavoro notturno e del lavoro delle donne e dei fanciulli; il riposo festivo obbligatorio; l’assicurazione contro gli infortuni, per le malattie e la vecchiaia; la determinazione della giornata massima di lavoro e del “minimum” di salario. Noi chiediamo che l’applicazione pratica di queste regole generali stabilite dalla legislazione, la disciplina effettiva e tecnica del lavoro, sieno affidate ai corpi professionali corporativi.
6°- Noi vogliamo una seria tutela ed un efficace sviluppo delle classi e degli interessi agricoli: - della piccola proprietà anche colla creazione di beni di famiglia , di monti frumentari ecc: delle proprietà collettive e specialmente comunali: una legislazione razionale sui contratti agrari: la diffusione della istruzione agraria: la istituzione di camere di agricoltura e di un probivirato agricolo.
7°- Noi vogliamo una seria tutela ed un efficace sviluppo delle classi e degli interessi industriali e commerciali: - dell’istruzione professionale popolare; delle istituzioni cooperative di produzione, di consumo, di credito: delle associazioni di mutuo soccorso e per la costruzione di case operaie. Chiediamo la creazione di un Ministero del lavoro e di camere professionali, e lo sviluppo del probivirato industriale. Vogliamo la tutela e lo sviluppo della Marina mercantile e la creazione di sbocchi di commercio.
8°- Noi vogliamo una forte diminuzione progressiva delle spese militari e degli altri oneri pubblici, economie in tutti i servizi improduttivi della burocrazia amministrativa.
9°- Noi vogliamo una riforma tributaria conforme alle esigenze della giustizia distributiva, e il sollievo dall’attuale esauriente regime fiscale; l’abolizione dei dazi di consumo e la riduzione dei dazi protettivi nei limiti strettamente richiesti dai bisogni economici nazionali, e l’abolizione o lo sgravio delle imposte reali; l’istituzione di una imposta personale moderatamente progressiva; l’esenzione da imposte del minimum d’esistenza.
10°- Noi vogliamo la repressione dell’usura, dei giuochi di borsa e delle speculazioni capitalistiche improduttive e dannose alla società; la riduzione dell’interesse legale del denaro.
11°- Noi vogliamo la tutela delle libertà civili e politiche; di insegnamento, di stampa, di associazione, di riunione, di coalizione; la libertà e l’allargamento del suffragio; lo sviluppo della cultura nazionale e dell’educazione religiosa e civile popolare.
12°- Noi vogliamo il disarmo generale progressivo, la fratellanza dei popoli e l’arbitrato internazionale.

Capitolo, adattato per il web, tratto da Romolo Murri. Una biografia attraverso la satira. Vincenzo Martines, Youcanprint, Gualdo, 2021.
Per le immagini pubblicate in questa pagina si ringrazia il Centro Studi Romolo Murri di Gualdo di Macerata. Per un eventuale utilizzo di tali immagini al di fuori di questo sito web, occorre fare una richiesta a uno dei recapiti indicati nella seguente pagina dei contatti del Centro Studi Romolo Murri